La tenerezza di uno sguardo insicuro; il movimento nervoso delle mani che torturano il cellulare legato al cordone.
Decidiamo di metterci seduti per terra. Non è imbarazzato. Anzi, mi dà l’impressione di essere contento di essere osservato, quasi amato. Io sono contenta perché percepisco il suo essere e vorrei fargli capire che sono qui proprio per lui, al di là del disegno.
Un amalgama di sangue e speranza. La sensazione forte di una semplicità inarrivabile, sublime, che deve trovare la forma della sua bellezza, nascosta ai più.
Non si stanca, non vuole andare via come quasi tutti i bimbi che posano. Questo fatto mi tranquillizza e lavoro più rilassata. Penso alle sue linee, ai colori e in poco tempo ho finito. Riesco a terminare presto.
In seguito lo riconosceranno tutti, in paese. Questo è il massimo per un ritrattista: aver colto lo spirito del soggetto ritratto.